Il crollo del mercato del lavoro è stato riportato da tutti i quotidiani con titoli drammatici (uno per tutti: “Persi altri 335.000 posti” eccetera) ma era quasi scontato in una situazione stagnante. Certo, questo crollo desta molti interrogativi inquietanti sullo scenario dei prossimi mesi. Non si era visto ancora l’indice dei disoccupati salire così vertiginosamente verso quel 10,8 per cento che purtroppo è la media dell’Europa unita. E sopratutto non c’era stata finora la percezione diffusa di un orizzonte totalmente chiuso, nero di nubi e senza speranza di schiarite almeno fino al 2013 per l’Italia. Che si può fare? Perché non scatta, accanto alla politica di rigore che non possiamo certo abbandonare almeno finché dura la crisi globale, una strategia per lo sviluppo e la crescita, un piano non più dilazionabile per rimettere in moto gli investimenti produttivi? Quale risposta si può dare a quel 32 per cento di giovani senza alcuna occupazione? E come inserire le donne su un mercato così depresso che vede il 50 per cento di loro senza prospettive immediate nel Meridione? E ancora, quale risposta si può dare a quei 300.000 “esodati”, brutta parola per indicare chi è rimasto purtroppo senza protezione alcuna dopo l’ultima riforma delle pensioni? Il guaio è che non si intravede finora la necessaria strategia di uscita da questa terribile situazione, anche se il nostro partito dei moderati sta esercitando una pressione continua affinché al rigore sia affiancato lo sviluppo e anche se il Governo da tempo parla di questa strategia della crescita. Ma resta il fatto che senza investimenti, dal nulla, non si creano i nuovi posti di lavoro che oggi sono necessari come l’acqua. Anche perché ormai tutti i settori sono investiti dalla crisi. Prendiamo il più classico dei consumi: l’auto. Un marzo così nero non si vedeva dal 1980, trentadue anni fa. La crisi globale, la gelata dei consumi in Italia, la stangata in arrivo sulle buste paga, sulle pensioni, sulla casa, l’aumento dell’assicurazione e il prezzo della benzina a due euro al litro, tutti questi elementi negativi non inducono certo i cittadini a comprare un’auto nuova o a cambiare quella che già hanno. Ecco così che le vendite di autoveicoli sono crollate addirittura del 26,7 per cento in marzo rispetto all’anno precedente: appena 138.000 unità contro le 188.000 del marzo 2011, una annata già per niente brillante. E niente lascia al momento presagire che la situazione migliorerà nel settore dell’auto come in tutti gli altri settori produttivi. (dal mattinale n. 67/2012)