EDILIZIA: ECOBONUS AL 110%

Nel c.d. decreto Rilancio (D.L. n.34/2020), al fine di dare impulso al settore edile, sono state innalzate al 110% le detrazioni per le ristrutturazioni legate all’Ecobonus e al Sismabonus: sono agevolati gli interventi di isolamento termico delle facciate e delle coperture (come ad esempio la coibentazione degli involucri dell’edificio, cd. cappotto termico), la sostituzione degli impianti di climatizzazione invernale con tecnologie di ultima generazione quali caldaie a condensazione o a pompa di calore, anche abbinati all’installazione di impianti fotovoltaici, di microcogenerazione e di geotermia. Coloro i quali effettueranno i predetti interventi potranno accedere alla detrazione del 110% anche sugli altri interventi di efficientamento energetico, quali ad esempio l’installazione di infissi isolanti, schermature solari e sistemi di domotica.
L’incremento della detrazione al 110% garantisce, in particolare, una completa remunerazione delle spese sostenute per l’intervento, compresi i costi di attualizzazione dovuti alla possibilità di beneficiare del bonus in dieci rate annuali di pari importo.
Viene, inoltre, data la possibilità di cedere il credito anche a intermediari finanziari, in modo da favorire la riqualificazione energetica del patrimonio edilizio in ottica ecosostenibile anche per coloro che non hanno disponibilità di spesa immediata.

“LAVORA CALABRIA”: UN CONTRIBUTO A FONDO PERDUTO PER EVITARE I LICENZIAMENTI

La Regione Calabria, con il presente avviso, intende sostenere le imprese calabresi che hanno subito gli effetti dell’emergenza Coronavirus, attraverso un sostegno al pagamento dei salari dei dipendenti, al fine di evitare i licenziamenti durante la pandemia di COVID-19.

I beneficiari sono le piccole e medie imprese, appartenenti ai settori che saranno esplicitati in fase di pubblicazione dell’Avviso, il cui fatturato nell’anno 2019 sia stato superiore a euro 150.000,00.

L’importo massimo dell’aiuto concedibile, sotto forma di contributo a fondo perduto, è determinato in funzione dell’appartenenza dell’impresa Beneficiaria alla classe di U.L.A. (Unità Lavorative Annue, ossia il numero complessivo di occupati in un anno all’interno di un’impresa), con riferimento all’esercizio 2019, per come esposto alla tabella di seguito riportata:

CLASSE DI ULA Massimale aiuto concedibile (euro)
Fino ad una ULA 2.500,00
Da 2 a 5 ULA 5.000,00
Da 6 a 9 ULA 9.000,00
Da 10 a 19 ULA 12.000,00
Da 20 in poi 15.000,00

L’aiuto concedibile non potrà essere superiore al 60% dei costi salariali lordi dell’impresa beneficiaria riferiti ad un periodo di quattro mesi a decorrere dal mese di aprile 2020 e comunque entro i mesi di agosto/settembre del corrente anno.

Le domande potranno essere presentate a partire dalla data indicata in fase di pubblicazione dell’Avviso, secondo le modalità che saranno previste e pubblicate sul sito Calabria Europa.

Le domande saranno finanziate fino ad esaurimento delle risorse disponibili. L’iter valutativo si concluderà a seguito della verifica della ricevibilità e ammissibilità delle istanze ricevute.

L’erogazione del contributo avverrà in unica soluzione, a partire dal giorno successivo a quello della pubblicazione degli esiti della valutazione.

Chi beneficerà del contributo avrà l’obbligo del mantenimento occupazionale delle ULA dichiarate nella domanda per gli otto mesi successivi alla data di presentazione della stessa.

Fonte: http://calabriaeuropa.regione.calabria.it/website/view/news/1220/index.html

Intervista al consulente del lavoro Beniamino Scarfone: per la crisi Covid sono stati utilizzati strumenti ordinari a fronte di un evento straordinario

Abbiamo intervistato il Consulente del Lavoro, Beniamino Scarfone, per conoscerne il parere in ordine ai provvedimenti posti in essere dal Governo italiano per far fronte all’emergenza (sanitaria e sociale) COVID 19
Ritiene adeguati i provvedimenti adottati dal Governo in questo momento di emergenza?
Questa situazione emergenziale andava certamente gestita in modo diverso. A distanza di due mesi la presenza dello Stato ancora non si vede e il senno di poi ahimè serve a ben poco, anche in considerazione del fatto che il Governo era stato avvertito delle problematiche che potevano sorgere. Anche i vertici del nostro Consiglio Nazionale dei Consulenti del Lavoro, con la Presidente Marina Calderone e Rosario De Luca in testa, hanno per tempo fatto presente che gli strumenti individuati per gestire l’emergenza sarebbero stati tardivi ed inefficaci. Ciò che è certo è che lo Stato a fronte di un evento straordinario ha utilizzato strumenti ordinari. Evidentemente i risultati di questa scelta non potevano che essere infruttuosi. Inoltre, viste le dichiarazioni del Presidente del Consiglio, secondo cui il 15 aprile sarebbero dovuti arrivare i soldi della cassa integrazione (ai lavoratori italiani), mi duole dire che chi ci governa non ha contezza di come funzionino le procedure ed i relativi flussi di lavoro. Gli ammortizzatori sociali “tradizionali” prevedono diversi passaggi burocratici che richiedono una determinata quantità di tempo che era assolutamente incompatibile con la data annunciata da Conte.
Quali sono secondo lei le ricette per poter salvaguardare il “lavoro dipendente”?
Non c’è mai una ricetta pronta ed utile per tutto. Le difficoltà sono indubbie. Ci troviamo di fronte ad una situazione senza precedenti nell’Italia repubblicana. Quello che mi sento di dire è che servirebbe buon senso, coraggio ed umiltà. A mio parere, al fine di essere tempestivi e permettere a lavoratori e famiglie di avere immediatamente l’ammortizzatore sociale, si poteva/doveva utilizzare un ammortizzatore unico semplificato ed integrato con le denunce mensili che comunemente effettuiamo nella gestione dei rapporti di lavoro. Poteva essere mutuata la procedura utilizzata in caso dei lavoratori in malattia prevedendo l’indicazione delle settimane da integrare (corrispondere) e l’iban del lavoratore (per effettuare il pagamento direttamente sul conto corrente). L’INPS avrebbe avuto con un unico flusso di lavoro tutte le informazioni utili per calcolare l’importo ed effettuare il pagamento. Lei potrebbe pensare: troppo semplice! Perché complicare le cose? Perché questa procedura non avrebbe permesso il coinvolgimento delle organizzazioni sindacali. A pensar male si fa peccato ma quasi sempre ci si indovina.
Ad oggi, invece, le tipologie di ammortizzatori da utilizzare per la gestione COVID sono ben 4: cassa integrazione ordinaria ed assegno ordinario F.I.S. gestita ed erogata direttamente dall’INPS, assegno del Fondo di solidarietà bilaterale (es. artigianato) gestito e rilasciato autonomamente dagli Enti bilaterali e la cassa integrazione in deroga gestito dalle Regioni per il tramite dell’INPS (ognuno per quanto di loro competenza sono chiamati in causa per la gestione e l’erogazione). Questa varietà di ammortizzatori sociali, unitamente alle procedure sindacali, non ha fatto altro che creare “lungaggini” e“burocrazia” da gestire. Mi preme sottolineare che la scelta dell’ammortizzatore sociale da utilizzare non è lasciata alla libera scelta dell’imprenditore o del consulente, ma è dettata da precise disposizioni di legge in base alle caratteristiche dell’azienda oltre che dal numero dei dipendenti ed alle tipologie di attività.
Può fare chiarezza sul funzionamento degli ammortizzatori sociali? Per aiutarci a capire meglio l’iter che stanno seguendo moltissimi italiani?
Quando l’azienda decide di volere attivare gli ammortizzatori sociali e sospende il rapporto di lavoro dei suoi dipendenti deve:
1) ottemperare a quanto previsto dalla normativa in materia di informazione/consultazione sindacale;
2) comunicare ai lavoratori la sospensione del rapporto di lavoro;
3) presentare la domanda all’ente che deve provvedere alla verifica dei requisiti per la prestazione di sostegno al reddito (INPS nel caso di cassa integrazione ordinaria e FIS, all’ente bilaterale che gestisce l’assegno del fondo di solidarietà bilaterale, o alla Regione nel caso di cassa integrazione in deroga);
4) Attendere i diversi step autorizzativi e successivamente provvedere alla comunicazione, agli enti di competenza, della rendicontazione delle ore di sospensione dal lavoro oltre agli estremi per il pagamento (IBAN); solo dopo aver esperito tutti i precedenti passaggi l’ente proposto al pagamento può procedere ad effettuare il bonifico. Per quanto riguarda la cassa integrazione in deroga la situazione è ancora più complessa perché ogni Regione e Provincia Autonoma ha previsto delle specifiche procedure con modulistiche e flussi di lavoro diversi.
Come detto… Tutto questo… poteva essere superato adoperando un ammortizzatore sociale unico straordinario e semplificato.
Questa confusione ha provocato un aumento della mole di lavoro del consulente?
Decisamente. In queste ultime settimane ho lavorato anche più di 12 ore al giorno domeniche e festivi inclusi. Lo stesso vale anche per tutti i miei colleghi in tutta l’Italia. In questo momento di grande confusione il nostro lavoro assume, dopo le professioni sanitarie, una rilevanza epocale (senza il nostro lavoro nessuno potrebbe percepire gli ammortizzatori sociali). Personalmente, come tutta la nostra categoria, sentiamo fortemente una vera e propria responsabilità sociale. Per questo motivo ci impegniamo al massimo affinché nessuno si senta abbandonato e abbia chiaro il percorso da seguire. La legge ci consentiva anche di attendere 4 mesi, per la presentazione delle istanze, ma dietro ogni modello e comunicazione noi siamo coscienti che c’è un lavoratore ed una famiglia con i loro bisogni.
Abbiamo parlato dei lavoratori dipendenti. Andiamo a focalizzarci sulle aziende:
Anche in questo campo non posso fare a meno di sottolineare l’inadeguatezza dei provvedimenti presi sin ora dal Governo. A causa della crisi scatenata dal covid le aziende hanno dovuto (giustamente) abbassare le saracinesche da un giorno all’altro. Se già questo, di per sé, è preoccupante: immaginare la ripresa è ancora peggio. Per chi ce la farà a riaprire lo scenario che si prospetta è pesante. Secondo il Governo l’unica soluzione è l’indebitamento! Ecco, mi chiedo: a che serve indebitarsi senza avere una chiara prospettiva di ripresa? Come potrà l’imprenditore ripagare il prestito se l’economia non riparte? L’imprenditore guadagna se il differenziale tra i costi ed i ricavi è positivo. E’ possibile che chi ci amministra non pensa che servano distinti interventi: un fondo perduto per gestire il momento della perdita di fatturato e finanziamenti agevolati, uniti a considerevoli sgravi fiscali, per adeguare le aziende alle nuove esigenze sanitarie (ad esempio pensiamo ai ristoranti dove occorreranno divise nuove, sanificazioni, bisognerà rivedere tavoli riducendo i posti a sedere). Tutto questo, invece, verrà fatto solo a spese dell’imprenditore che si troverà senza un serio aiuto dallo Stato (neanche chi ci Governa può pensare che 600 o 800 euro possano essere sufficienti). Sarebbero serviti provvedimenti credibili ed adeguati che potessero aiutare il mondo del lavoro a rimettersi in piedi. Anche perché se le aziende non ripartono non saranno più in grado di dar lavoro ai loro dipendenti, con lo spettro della povertà alle porte. Mi piacerebbe concludere comunque questa intervista con la positività tipica degli italiani. Siamo un grande popolo laborioso con un grande cuore: sono sicuro che ce la faremo a superare anche questa grande prova.

Intervista pubblicata sul sito del quotidiano sociale al link: https://www.quotidianosociale.it/intervista-al-consulente-del-lavoro-beniamino-scarfone-per-la-crisi-covid-sono-stati-utilizzati-strumenti-ordinari-a-fronte-di-un-evento-straordinario/

Precisazioni sul #MES

conte-informativa-mes-ansaDi Beniamino Scarfone. In Italia ed in Europa, nella settimana prima di Pasqua, non si è fatto altro che parlare di MES: una iattura o una panacea? il dibattito politico, e non solo, è stato rovente ed è ruotato tutto intorno a questo. Ma quando è nato il MES? Quando è nato lo strumento che ha messo in ginocchio la Grecia e che potrebbe dover essere utilizzato anche in Italia? e poi… da chi veramente è stato voluto? Le risposte sono andato a ricercarle sulla rete indagando tra le dichiarazioni dei soggetti coinvolti nel periodo e dagli atti parlamentari.
Sono partito da chi in quegli anni aveva la responsabilità di guidare il ministero dell’economia e delle finanze: Giulio Tremonti, uno dei più autorevoli economisti contemporanei che riesce ad essere, allo stesso tempo, un brillante economista ed un esperto di finanza pubblica. Lui le idee, come sempre, le ha molto chiare e su twitter ho rinvenuto una sua recente ricostruzione dei fatti:
<<Oggi abbiamo sentito Papa Francesco che invita l’Europa alla “solidarietà” ed a “scelte innovative”. Come si può essere in disaccordo? A proposito di scelte innovative, mi sono impegnato già nel 2003 e poi ancora nel 2010-2011 sugli eurobond. Fa piacere che oggi anche il Presidente Conte sia venuto a parlare di eurobond! Per mio conto mi assumo tutte le “responsabilità” sulle origini del MES, ma una volta chiarita tutta la verità! Fin dall’inizio, ed ancora nel corso della prima parte del 2011, il nostro programma era mirato all’obiettivo finale degli eurobond: fase 1, costituzione del fondo europeo (che poi sarebbe stato chiamato MES); fase 2: lancio, su questa base, degli eurobond. È in questa logica sequenziale che nel luglio 2011 si arrivò alla prima firma sul MES. In Europa tutti sapevano – dall’Eurogruppo/Ecofin al Parlamento europeo, da Junker a Gualtieri – tutti sapevano che il nostro piano partiva dal MES ma per arrivare agli eurobond. Per noi il MES senza gli eurobond non avrebbe avuto senso. Per contro, per gli eurobond il MES era necessario.
A quell’altezza di tempo non ci erano note ancora le manovre, da ultimo rivelate dal professor Monti, manovre che a partire dal 5 agosto 2011, da quella che lo stesso Monti chiama la “lettera Trichet-Draghi”, avrebbero portato alla “chiamata dello straniero” venuto in Italia in novembre, naturalmente “nel nostro interesse”. Di conseguenza il MES, che era ancora privo di efficacia, diventa efficace e definitivo con la firma del Presidente Monti nel febbraio 2012, ma – piccolo dettaglio – dopo che è stata affossata la funzione per cui era nato: lanciare gli eurobond.
È poi con la Grecia che il MES ha rivelato una funzione autonoma, totalmente diversa da quella per cui era stato costituito: non come base per lanciare gli eurobond, ma strumento “europeo” per la riscossione-estorsione in Grecia dei crediti qui vantati dalle banche tedesche e francesi. È in questi termini che – con la complicità italiana del governo Monti e con la furia finanziaria dei “creditori” franco-tedeschi – il MES si trasforma nello strumento che ha straziato la Grecia.
Non per caso, colpito da questo “stigma”, da questa “maledizione greca”, il MES è rimasto nell’ombra per cinque anni, per essere infine, nell’autunno scorso, riproposto in Europa di nuovo – tanto per cambiare – come “salva-banche”. Tutto questo orrore è ben diverso dal progetto degli eurobond. Questa è la verità sul passato. Quella degli eurobond è ancora oggi la speranza per il futuro.>>
Dopo aver riportato testualmente quanto twittato dall’ex Ministro Tremonti, che nel rivendicare la scelta iniziale dello strumento di stabilità “di fatto” ne stigmatizza il successivo utilizzo, ho trovato interessante rileggere l’intervista di Francesco Olivo all’ex Premier spagnolo Zapatero, in carica dal 17 aprile 2004 al 21 dicembre 2011, rilasciata nel 2015 al giornale la Stampa. Il punto di vista di una delle icone della sinistra italiana è, infatti, più che mai utile per meglio comprendere la ricostruzione fatta da Tremonti. Di seguito uno stralcio dell’intervia (il testo completo dell’intervista al link https://www.lastampa.it/esteri/2015/03/23/news/zapatero-macche-populisti-sono-dei-socialdemocratici-1.35286461):

Dice di averne passate tante, ce ne dica una.
«Non dimenticherò mai quello che ho visto al G20 di Cannes. Andai con il timore che potessimo essere nel mirino dai sostenitori dell’austerità, ma l’obiettivo era l’Italia».
Cosa successe?
«Berlusconi e Tremonti subirono pressioni fortissime affinché accettassero il salvataggio del Fmi. Loro non cedettero applicando un catenaccio italiano e nei corridoi si cominciò a parlare di Monti, mi sembrò strano».
Monti poco dopo divenne premier e Berlusconi parla di golpe.
«Io forneromi limito a raccontare quello che ho visto: gli Usa e i sostenitori dell’austerità volevano decidere al posto dell’Italia, sostituirsi al suo governo. Era certamente vero che l’Italia aveva problemi finanziari e politici, ma qui stiamo parlando della sovranità di una nazione. È un caso che va studiato».
Ma gli indizi non sono prove!
Per avere maggiore contezza provo una ricerca sui documenti del periodo e, grazie alla rete e ad un po’ di pazienza, sono riuscito a fugare ogni dubbio rispetto ai quesiti posti.
Nello specifico ho trovato il provvedimento per la ratifica italiana al Trattato che ha istituito il MES… e sapete cosa ho scoperto a pagina 3 degli atti parlamentari (documento scaricabile direttamente dal sito del Senato della Repubblica http://www.senato.it/service/PDF/PDFServer/DF/280172.pdf):
<<Onorevoli Senatori. – Il Trattato che istituisce un Meccanismo europeo di stabilita (MES) (1) è stato sottoscritto dai 17 Paesi dell’eurozona il 2 febbraio 2012, in una nuova versione che supera quella sottoscritta l’11 luglio 2011 (che non è stata avviata a ratifica in nessun paese dell’eurozona) ampliandone sia l’ammontare massimo di risorse disponibili sia la tipologia delle operazioni consentite.>>
Tradotto… “per un amico”… il Mes approvato e ratificato dal parlamento italiano nel 2012 durante il Governo Monti non era lo stesso Mes immaginato e sostenuto, in funzione degli eurobond, da Tremonti e Berlusconi nel 2011… ma era il Mes voluto e sostenuto dalle lobby che hanno operato in Grecia e che ora, probabilmente, vogliono passare all’incasso nel Bel Paese che, detenendo il 70% del patrimonio culturale mondiale, risulta essere la più indebitata: un’altra coincidenza!

Ma ora mi domando: chi avrà detto una (o più bugie) agli italiani?Matteo-Salvini,-Giuseppe-Conte-e-Giorgia-Meloni800x600

Cassa integrazione in deroga della Regione Calabra: dalle ore 10 di giovedì 2 aprile si possono presentare le domande

E’ stato approvato l’avviso pubblico per la presentazione delle domande di accesso alla Cassa Integrazione Guadagni in deroga ex art. 22 Decreto Legge 17 marzo 2020 n. 18.

Le domande da parte delle imprese potranno essere presentate a partire dalle ore 10:00 di giovedì 2 aprile 2020, utilizzando la modulistica approvata.

I riferimenti sono il Decreto del Dipartimento Lavoro, Formazione, Politiche Sociali della Regione Calabria comunica n. 3608 del 30/03/2020 in attuazione di quanto previsto dal Decreto Legge 17 marzo 2020, n. 18, cosiddetto “Cura Italia”, e all’Accordo Quadro sottoscritto tra la Regione Calabria e le parti sociali, di cui alla DGR n. 20 del 24/03/2020.

https://www.regione.calabria.it/website/portaltemplates/view/view.cfm?17283

Caro Sindaco…

scarfone beniaminoCaro Sindaco, Lei si propone sempre in maniera entusiasta con le sue dichiarazioni e le sue esternazioni a mezzo social. Ciò che, invece, vede e sente il cittadino, purtroppo, si discosta nettamente dalla visione che proviene da palazzo San Giorgio, dove sembra che i pesanti disagi sotto gli occhi di ognuno di noi abbiano una dimensione diversa, al di là della capacità di riconoscere o meno un problema ed essere chiari sulla sua eventuale soluzione.
Un dato, signor Sindaco, resta però incontrovertibile: ci siamo imbruttiti, nel senso estetico e in quello civico. Sa per quale motivo? Perché dalle Istituzioni devono arrivare gli esempi, e, onestamente, non sempre possiamo sentirci orgogliosi di quanto accade dalle nostre parti.
Da un lato il centrodestra dove la priorità dovrebbe essere ritrovare la strada perduta senza ripercorrere errori passati (necessaria in questo senso una visione della città guardando alla Reggio del 2030). Dall’altro l’amministrazione comunale: acqua del Menta; manutenzione ordinaria assente, straordinaria miraggio; discariche ovunque con denunce pubbliche che lo stesso comune ha indirizzato ad Avr ed Anas e che ritengo minimo inopportune, poiché bisognerebbe annunciare a cose fatte e risolte e non puntare solo il dito e poi non registrare nessun seguito alle azioni intraprese! E i cosiddetti Governi amici? Signor Sindaco in cosa è riuscito ad imporsi a livello nazionale e, soprattutto, regionale? Alla luce dei rapporti con Oliverio, nemmeno le deleghe per la città metropolitana sono giunte a piazza Italia. Neppure l’idea di farsi portavoce in ambito nazionale, attraverso l’Anci magari, affinché in riva allo Stretto si potessero reinserire le circoscrizioni a fronte delle necessità di raccordo che servono imprescindibilmente ad uno dei territori più vasti d’Italia, che invece, si trova senza nessun presidio. Della diga del Menta, dell’acqua promessa, resta soltanto (pur riconoscendo l’assoluta positività di bandire la plastica!) la distribuzione ai bambini (che nel frattempo magari non sanno come lavarsi in casa) di borracce con tanto di logo comunale in bella vista che trasformano un nobile intento in propaganda nelle scuole che dovrebbero restare per loro natura super partes. Nel mentre insegniamo loro che è normale camminare tra cumuli di spazzatura, e li facciamo disabituare alla bellezza ed al decoro.
Lei solo oggi chiede l’aiuto, pubblicamente, di un presidente di Regione che ancora non è insediato, poiché si è accorto, guarda caso, e cito testualmente che in tema rifiuti “qualcuno pensa di poter massimizzare i profitti sulle spalle dei cittadini e delle amministrazioni locali”. Perché sino ad un mese addietro le condizioni erano forse differenti? O cambiano in base al colore politico?
Tutto ciò arricchito dai requisiti del bilancio, oggi peggiori di quelle ereditate così come è facilmente comprensibile da una rapida lettura dei documenti contabili! Se in questi anni la situazione debitoria del comune di Reggio si è appesantita (certificata dai bilanci approvati dalla terna commissariale e successivamente dall’attuale amministrazione), nonostante non siano stati pagati i debiti provenienti dalle gestioni precedenti (poiché si è deciso di spalmarli negli anni), viene spontaneo chiedersi come siano state impegnate le somme a disposizione dell’ente per la gestione corrente, dal momento che di servizi la città ne ha visti ben pochi (e non c’è pericolo di smentita). Allora perché i residui sono sempre in aumento nonostante gli interventi straordinari? Alle montagne di rifiuti, inoltre, aggiungiamo le tantissime “cartelle pazze” della Hermes che proprio in questi giorni stanno circolando in riva allo Stretto (sarebbe interessante che un giorno qualcuno affrontasse il tema Hermes)! Un’amministrazione che chiede doveri, giustissimo, ma che non assicura diritti. E in nessun contesto può essere accettato che esistano gli uni senza gli altri.
Possiamo solo auguraci che la politica si riappropri del suo ruolo, che ritorni ad essere forte ed autorevole, che riesca a non farsi sopraffare dalla burocrazia che, in presenza di debolezza appunto, diventa il perno centrale di una comunità affievolendo il troppo importante e significativo concetto di democrazia.

REGGIO HA BISOGNO DI IDEE E VISIONI CHE GUARDINO OLTRE. SI RIPARTA DA TRADIZIONE ED IDENTITÀ

Le notizie sull’avanzamento del progetto di attracco delle navi a Pentimele lasciano con l’amaro in bocca. L’analisi su quale sia il processo tecnico che porterà o meno a questa infausta realizzazione, come lo stesso possa venire realizzato senza devastare e deturpare un’intera zona del nostro territorio, quanto crescerà il traffico ed il conseguente impatto ambientale (che mi auguro abbiano studiato e valutato!) non rientra certamente tra i miei compiti. Però non serve essere un tecnico per capire che tale operazione potrebbe rappresentare una pietra tombale sulle ultime, labili, speranze che Reggio possa vivere di turismo e per il turismo.

Durante le scorse amministrazioni, si è sempre dibattuto in merito a progettualità da realizzare affinché si potessero creare condizioni atte a divenire un unicum da cui trarre profitto: punti di arrivo prioritari, appunto, il porto e l’aeroporto, da cui dipanare circuiti che facessero conoscere le bellezze culturali e naturalistiche nonché le eccellenze enogastronomiche. In sintesi il telaio della cosiddetta città turistica.

Oggi, invece, assistiamo, purtroppo, ad una totale mancanza di idee, ad un’assenza plateale e ingiustificabile di visione, dettata da un’evidente insufficienza di conoscenza dei territori e delle loro necessità. Dal mare possono e devono venire prospettive di progresso. Ma qualcuno forse non conosce la differenza tra città sul mare e città di mare, intendendo con quest’ultima espressione un modo di essere, ovvero il considerare quello che la natura ci ha donato una risorsa da sfruttare in armonia con l’ambiente, con la capacità di rigenerare, urbanisticamente parlando, ciò che dal mare trae linfa vitale e può ricavarne un humus economico (micro e macro) nonché sociale. Esattamente il contrario di quanto sta accadendo.

Nello specifico, l’area interessata avrebbe dovuto essere oggetto di una progettazione mirata per farne uno spazio anche di approdo certo, ma di natura completamente diversa attorno alla quale sarebbero potute sorgere attività balneari, commerciali e d’intrattenimento.

Ripartire è, dunque, la parola chiave: quante città, balconi sul Mediterraneo, possono contare sui nostri medesimi punti di forza? Cioè su una tradizione che affonda le radici nella Magna Grecia, di cui i Bronzi sono la massima espressione, che riesce a produrre l’unicità del bergamotto di Reggio Calabria, ma che nel contempo può crescere focalizzandosi su una biodiversità difficile da rintracciare altrove, su peculiarità significative (che dovrebbero fondersi invece di vivere scollegate all’interno dell’area metropolitana) ed ancora, ad esempio, sul Parco Nazionale dell’Aspromonte, o sul turismo termale o religioso (vedi la Varia di Palmi su tutti).

La terra e l’acqua, in una città con la conformazione di Reggio, dovrebbero incontrarsi in equilibrio e non essere nemiche, a discapito l’una dell’altra. Per lassismo o per incapacità, o per entrambi le motivazioni, quella che dovrebbe essere un’identità specifica si sta rendendo trasparente, quasi inesistente e il progetto del molo di attracco, così come lo stralcio del Waterfront targato Zaha Hadid ne sono la dimostrazione più lampante.

La “Svolta” reggina verso il dissesto

A prescindere da ogni personale convinzione, è innegabile che, con cadenza costante, dalle piazze reali e da quelle virtuali, così come dalle associazioni e dalla cosiddetta società civile, si percepisca un senso di smarrimento tangibile per l’andamento attuale della macchina politico-amministrativa che non garantisce servizi idonei ai cittadini.

In questo contesto, lo scorso mese, arriva la pronuncia della Consulta che ha definito incostituzionale la disposizione della Legge di Stabilità 2016 (governo Renzi) poi modificata dalla Legge di Bilancio 2017 (Gentiloni) che ha consentito agli Enti Locali in predissesto di spalmare su trent’anni il ripiano. Nello specifico la disposizione annullata è stata dichiarata in contrasto con gli articoli 81 e 97 della Costituzione sotto tre diversi profili: violazione dell’equilibrio del bilancio; violazione dell’equità intergenerazionale (per aver caricato sui futuri amministrati gli oneri conseguenti ai prestiti contratti nel trentennio per alimentare la spesa corrente) e violazione del principio di rappresentanza democratica (in quanto sottrae agli elettori e agli amministrati la possibilità di giudicare gli amministratori sulla base dei risultati raggiunti e delle risorse effettivamente impiegate nel corso del loro mandato). Dopo un silenzio assordante (deposito del 14/02/2019 e Pubblicazione in G. U. 20/02/2019 n. 8) a distanza di quasi un mese si è aspettata la Corte dei Conti per attivarsi?

Ma, al di là dell’azione “poco tempestiva” portata avanti, ritorna il refrain dei debiti generati in pregresso e la non responsabilità dell’attuale classe dirigente sullo stato di salute delle casse comunali.

Sorge, però, spontanea una domanda: se in questi anni i debiti sono aumentati (certificati dai bilanci approvati dalla terna commissariale e successivamente dall’attuale amministrazione), nonostante non siano stati pagati i debiti (in base, appunto, alla decisione, adesso cassata, di spalmarli in trent’anni) dove sono andati a finire i soldi incassati? Di servizi la città ne ha visti ben pochi. Basta guardare le condizioni in cui versa, basta analizzare la qualità della vita!

Ultimo, ma non certo isolato, il grido d’allarme giunto dall’Uppi e da Federproprietà che, riferendosi al loro settore di operatività, puntano il dito sul degrado edilizio ed urbanistico. Ma altrettanto sconcerto, per altre motivazioni, potrebbe registrarsi in ogni ambito economico e produttivo: alle ataviche problematiche si aggiungono, infatti, stati emergenziali che abbandonano il canonico significato di circostanza imprevista o di particolare difficoltà momentanea, per assumere i connotati temporali di disagi gravi e così incancreniti da caratterizzare e condizionare negativamente la vita dei reggini. Dalla mancanza d’acqua all’assenza di decoro, passando per strade disastrate e manutenzione generale inesistente, sino alla trasformazione dei portoni privati in discariche personali a causa di un servizio che definire insufficiente sarebbe già un complimento. Una città provata da anni di commissariamento durante i quali la burocrazia ha prevalso sul buon senso di adeguare le azioni al contesto sociale, sì è trovata a dover subire le non decisioni di una classe dirigente poco accorta sia in termini di programmazione a breve termine sia per ciò che concerne lungimiranza nel cercare di fornirle un’identità. Ed un luogo senza identità disorienta, inevitabilmente, i suoi cittadini.

Ogni amministrazione imbastisce percorsi che ritiene idonei al buon avviamento dell’iter immaginato in fase di insediamento, ma, a fronte di determinate situazioni, non sarebbe il caso di attuare un mea culpa e cercare di ritornare sui propri passi cedendo l’amor proprio all’amore per Reggio? I tempi non permettono più di stare ‘accoccolati’ sulle singole posizioni, arroccati sulla presunzione di essere sempre migliori di altri. La città merita uno scatto di orgoglio; merita che le sue forze migliori non si sentano spaesate e impossibilitate ad ottenere un dialogo proficuo basato su confronti costruttivi; merita che la sua classe dirigente le parli e lo faccia con la massima trasparenza possibile. Un rapporto alla città, che cammini con un rapporto con la città, che faccia sentire i reggini una comunità e non individui isolati, occupati a sopravvivere al degrado nel suo senso più ampio. Se è vero che la bellezza genera bellezza, allora si potrebbe affermare che il brutto generi il brutto. Ma nessuno può essere obbligato a vivere un decadimento causato da inerzia.

A destra necessaria autocritica, si rifletta sul passato per guardare al futuro

Le cronache degli ultimi giorni hanno registrato la presa di posizione del Primo cittadino rispetto i comportamenti e le azioni della controparte politica, e, di rimando, accuse rispedite al mittente per quanto riguarda gli esponenti del centrodestra.

Nelle more di un dibattito, dai toni e dalle argomentazioni ovviamente contrapposti, non possono non scaturire alcune riflessioni che maturano al netto delle convinzioni che ognuno, pro domo sua, esterna.

Non ci vuole una profonda analisi per comprendere quale sia lo status quo attuale del gradimento di cui gode il nostro Sindaco tra la maggioranza dei reggini, i quali si trovano a dover quotidianamente assistere a degrado e disservizi e che non meritano polemiche fine a sé stesse e non certo propedeutiche a risolvere questioni che tanto ostacolano una decantata, ma mai attuata, normalità.

La cittadinanza, infatti, non chiede programmi straordinari, bensì ciò che, in altre realtà, risulta ordinario. Preso atto delle difficoltà oggettive che scandiscono l’agenda giornaliera di ogni reggino, ritengo che sia l’eventuale prospettiva di una soluzione ai disagi più evidenti ciò che possa interessare la comunità, e non un confronto aspro che mira a colpire, rispettivamente, l’avversario politico.

Di fatto, da un lato abbiamo ascoltato una conferenza stampa dai toni deboli sul fronte delle problematiche che un’amministrazione accorta avrebbe dovuto e potuto prevedere e, quindi, appianare dopo quasi cinque anni di governo, senza nascondersi dietro il solito alibi delle casse piangenti a causa delle iniziative passate, dalle quali, ricordiamo sono trascorsi 10 anni; dall’altro una difesa (legittima, ci mancherebbe!) che non contiene idee intese quali strumenti per avviare non solo delle critiche all’operato di una Giunta ed un Consiglio comunale (che navigano a vista e fanno finta non vi sia il mare in tempesta) bensì una seria riflessione che ancora sembra lontana dal poter nascere e svilupparsi.

Bisogna che quest’ultima parta dalla memoria: cioè dal passato che deve rappresentare la strada maestra affinché non si ripetano degli errori, e, soprattutto, affinché non si dimentichi il buono che la destra ha realizzato in riva allo Stretto.

Ciò non può essere possibile basandosi solo sul grande consenso che ha caratterizzato il centrodestra sino al 2011, ma deve andare oltre, ricordando i momenti esaltanti e le grandi progettualità mirate e non dimenticando i periodi bui, garantendo all’elettore la possibilità di poter esprimere una scelta che non avvenga sui demeriti altrui, per quanto consistenti essi siano, ma su un’alternativa profondamente ponderata e valida.

Ripartire per poter raggiungere un risultato, che si trasformi in benefici per la città ed i reggini, vuol dire anche ammettere gli errori, riconoscere che responsabilità sono state affidate con leggerezza; vuol dire prodursi in una concreta autocritica così da invogliare i reggini a scommettere, con una certa sicurezza, su una futura compagine amministrativa credibile per proposte, capace di innovarsi e rinnovarsi, in grado di riconoscere i propri limiti e tentare di superali gettando il cuore oltre l’ostacolo.

Non si può, infatti, correre una gara senza aver bene analizzato le tipicità del percorso, guardando indietro per controllare a che punto sia l’avversario, dimenticando che la meta è davanti a sé.

Spero venga presto il tempo della discussione, perché per vincere e convincere non è sufficiente la manifesta incapacità politico – amministrativa dell’Esecutivo e della maggioranza che occupano Palazzo San Giorgio: la legge dell’alternanza che viene fuori dalle urne, non deve fondarsi, appunto, sull’avvicendamento dei fallimenti di destra e sinistra o su slogan fumosi, ma su una squadra coesa, scevra da personalismi e su un programma strategico e lungimirante.

Quale 2019 ci attende? A Reggio i conti non tornano?

E’ usuale, a inizio anno, tracciare dei bilanci di ciò che ha caratterizzato i 12 mesi appena trascorsi. Un’operazione che forse ai più potrebbe sembrare superflua o semplicemente inutile, ma che invece, a mio avviso, rappresenta un momento di riflessione, soprattutto se gli argomenti della valutazione coinvolgono la comunità. Anche nel corso del 2018 abbiamo ascoltato il solito refrain delle casse che languono, delle difficoltà dell’ente a reperire risorse, delle corse ad ostacoli per raggiungere una normalità, che dovrebbe essere il minimo garantito e che, invece, diventa uno ‘straordinario’ a favore di flash e condito da dichiarazioni trionfali. Sappiamo benissimo che ogni comune, nel nostro paese, soffre. Sappiamo che i fondi pubblici, destinati al Meridione, si sono dispersi in mille rivoli prendendo, a volte, altre strade.

Conosciamo i risultati di un concetto di “fallimentare” federalismo che ha portato a tentare di migliorare il proprio territorio, senza guardare oltre e rendersi conto che un paese deve crescere armonicamente perché i gap di un’area andranno, a lungo andare, a condizionare quella parte che determinate insufficienze non le soffre o le sopporta meglio.

Ma, per quanto ci riguarda più da vicino, sarebbe arrivato il momento di capire davvero come stanno le cose. O almeno pretendere chiarezza da parte di chi potrebbe fornirci tali delucidazioni. Non sto qui ad elencare occasioni perse, spoliazioni di varia natura, situazioni di degrado quotidiano e diffuso che le cronache ci hanno consegnato con cadenza quasi costante.

L’unica necessità che ritengo impellente è comprendere, al netto di una programmazione inesistente e di una navigazione a vista senza carte nautiche a disposizione, quali le reali condizioni dell’economia di comune e città metropolitana, perché l’occhio del cittadino, anche di quello meno attento, non può non scorgere delle evidenti incongruenze. Tra le ultime la nomina di Enzo Cuzzola (cui formulo i miei complimenti avendo lavorato con lui in commissione bilancio del Comune) scelto per la sua incontestabile esperienza, ma comunque ennesimo esempio della “dissociazione” tra ciò che si predica e si è predicato e ciò che succede, invece tra le mura dei palazzi a Piazza Italia.

Tornando indietro alle celebrazioni mariane, infatti, non possiamo non ricordare gli eventi di piazza che si sono svolti. Come? Volendo poi fornire altri esempi, senza dilungarsi troppo, non possiamo dimenticare tutti gli “eventi” collaterali “all’avvento” dell’acqua del Menta (qui ci sarebbe da aprire altro dibattitto in merito la reale presenza del prezioso liquido nelle case, ma passiamo oltre o/e l’opportunità di festeggiare qualcosa atteso per oltre quarant’anni…sic!) che sicuramente avranno avuto un costo. Restando, però, ai giorni nostri ecco una Reggio addobbata per le festività natalizie, con persino il momento musicale per la notte di San Silvestro. Nulla quaestio sull’atmosfera creata (magari gli spettacoli e un’ambientazione festosa non erano poi così nefasti!) ma anche qui paga Palazzo Alvaro, che, per amor di cronaca, avrebbe dovuto pensare alle decorazioni anche per gli altri 97 comuni della provincia (l’eventuale campanilismo in questi casi lo trovo, infatti, strumentale).

Mi chiedo dunque: la Città Metropolitana è il bancomat del comune quando si tratta di ‘mostrare’ a fini propagandistici ed elettorali? I fondi, quando interessa, perciò ci sono? Oppure si pensa, sic et simpliciter, di ‘illudere’ il cittadino con luci intermittenti e colori sgargianti sperando che possa, appunto, non accorgersi di ciò che, ogni giorno, lo circonda?

Attendiamo fiduciosi, restando in tema, che si faccia luce su determinate questioni…