La “Svolta” reggina verso il dissesto

A prescindere da ogni personale convinzione, è innegabile che, con cadenza costante, dalle piazze reali e da quelle virtuali, così come dalle associazioni e dalla cosiddetta società civile, si percepisca un senso di smarrimento tangibile per l’andamento attuale della macchina politico-amministrativa che non garantisce servizi idonei ai cittadini.

In questo contesto, lo scorso mese, arriva la pronuncia della Consulta che ha definito incostituzionale la disposizione della Legge di Stabilità 2016 (governo Renzi) poi modificata dalla Legge di Bilancio 2017 (Gentiloni) che ha consentito agli Enti Locali in predissesto di spalmare su trent’anni il ripiano. Nello specifico la disposizione annullata è stata dichiarata in contrasto con gli articoli 81 e 97 della Costituzione sotto tre diversi profili: violazione dell’equilibrio del bilancio; violazione dell’equità intergenerazionale (per aver caricato sui futuri amministrati gli oneri conseguenti ai prestiti contratti nel trentennio per alimentare la spesa corrente) e violazione del principio di rappresentanza democratica (in quanto sottrae agli elettori e agli amministrati la possibilità di giudicare gli amministratori sulla base dei risultati raggiunti e delle risorse effettivamente impiegate nel corso del loro mandato). Dopo un silenzio assordante (deposito del 14/02/2019 e Pubblicazione in G. U. 20/02/2019 n. 8) a distanza di quasi un mese si è aspettata la Corte dei Conti per attivarsi?

Ma, al di là dell’azione “poco tempestiva” portata avanti, ritorna il refrain dei debiti generati in pregresso e la non responsabilità dell’attuale classe dirigente sullo stato di salute delle casse comunali.

Sorge, però, spontanea una domanda: se in questi anni i debiti sono aumentati (certificati dai bilanci approvati dalla terna commissariale e successivamente dall’attuale amministrazione), nonostante non siano stati pagati i debiti (in base, appunto, alla decisione, adesso cassata, di spalmarli in trent’anni) dove sono andati a finire i soldi incassati? Di servizi la città ne ha visti ben pochi. Basta guardare le condizioni in cui versa, basta analizzare la qualità della vita!

Ultimo, ma non certo isolato, il grido d’allarme giunto dall’Uppi e da Federproprietà che, riferendosi al loro settore di operatività, puntano il dito sul degrado edilizio ed urbanistico. Ma altrettanto sconcerto, per altre motivazioni, potrebbe registrarsi in ogni ambito economico e produttivo: alle ataviche problematiche si aggiungono, infatti, stati emergenziali che abbandonano il canonico significato di circostanza imprevista o di particolare difficoltà momentanea, per assumere i connotati temporali di disagi gravi e così incancreniti da caratterizzare e condizionare negativamente la vita dei reggini. Dalla mancanza d’acqua all’assenza di decoro, passando per strade disastrate e manutenzione generale inesistente, sino alla trasformazione dei portoni privati in discariche personali a causa di un servizio che definire insufficiente sarebbe già un complimento. Una città provata da anni di commissariamento durante i quali la burocrazia ha prevalso sul buon senso di adeguare le azioni al contesto sociale, sì è trovata a dover subire le non decisioni di una classe dirigente poco accorta sia in termini di programmazione a breve termine sia per ciò che concerne lungimiranza nel cercare di fornirle un’identità. Ed un luogo senza identità disorienta, inevitabilmente, i suoi cittadini.

Ogni amministrazione imbastisce percorsi che ritiene idonei al buon avviamento dell’iter immaginato in fase di insediamento, ma, a fronte di determinate situazioni, non sarebbe il caso di attuare un mea culpa e cercare di ritornare sui propri passi cedendo l’amor proprio all’amore per Reggio? I tempi non permettono più di stare ‘accoccolati’ sulle singole posizioni, arroccati sulla presunzione di essere sempre migliori di altri. La città merita uno scatto di orgoglio; merita che le sue forze migliori non si sentano spaesate e impossibilitate ad ottenere un dialogo proficuo basato su confronti costruttivi; merita che la sua classe dirigente le parli e lo faccia con la massima trasparenza possibile. Un rapporto alla città, che cammini con un rapporto con la città, che faccia sentire i reggini una comunità e non individui isolati, occupati a sopravvivere al degrado nel suo senso più ampio. Se è vero che la bellezza genera bellezza, allora si potrebbe affermare che il brutto generi il brutto. Ma nessuno può essere obbligato a vivere un decadimento causato da inerzia.

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