Cenni sul lavoro intermittente

Il contratto di lavoro intermittente è uno speciale contratto mediante il quale il lavoratore si pone a disposizione di un datore di lavoro il quale ne utilizza la prestazione entro i limiti di quanto è previsto dalla legge e dalla contrattazione collettiva e per lo svolgimento di prestazioni di carattere discontinuo o intermittente individuate dalla contrattazione collettiva nazionale o territoriale per lo svolgimento di prestazioni per periodi predeterminati nell’arco della settimana, del mese o dell’anno.
Questa tipologia contrattuale è regolata dagli artt. 13 a 18 del D.Lgs. 15 giugno 2015, n. 81 e, in assenza di regolamentazione da parte della contrattazione collettiva, è consentita solo per lo svolgimento delle prestazioni di lavoro discontinuo individuate da un apposito decreto ministeriale (così come precisato dal Ministero del lavoro con interpello n. 10 del 21 marzo 2016).
Il ricorso al lavoro intermittente è, comunque, sempre possibile se le prestazioni sono rese da soggetti con più di 55 anni di età e con soggetti con meno di 24 anni di età.
Con le sole eccezioni del settore del turismo, dei pubblici esercizi e dello spettacolo, il contratto di lavoro intermittente è consentito, per ciascun lavoratore e con il medesimo datore di lavoro, per un periodo complessivamente non superiore alle 400 giornate di effettivo lavoro nell’arco di tre anni solari.
E’ vietato il ricorso al lavoro intermittente:
– per la sostituzione di lavoratori che esercitino il diritto di sciopero;
– presso le unità produttive presso le quali si sia proceduto nei sei mesi precedenti a licenziamenti collettivi, ai sensi degli artt. 4 e 24 L. n. 223/1991, che abbiano riguardato lavoratori adibiti alle stesse mansioni cui si riferisce il contratto, ovvero presso unità produttive nelle quali sia operante una sospensione dei rapporti o una riduzione dell’orario in regime di cassa integrazione guadagni, che interessino lavoratori adibiti alle mansioni sui si riferisce il contratto;
– da parte delle imprese che non abbiano effettuato la valutazione dei rischi ai sensi del D.Lgs. n. 81/2008.

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